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Report: "Verso un Welfare Community" - 18 Febbraio 2014


Il 18 febbraio si è svolto il terzo di 5 incontri promossi da CISL:
In questo post vogliamo proporvi una sintesi, che non vuole e non può essere esaustiva, di quanto avvenuto in questo incontro, la sintesi è ricostruita utilizzando anche il comunicato stampa di CISL.

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Paolo Florean
Apre l'incontro riconrdando il percorso che viene tracciato dai diversi incontri, presenta il tema della giornata: i rapporti con i professionisti di comunità e il terzo settore, quali strattegie e sistemi per la promozione della domiciliarità e dell'inclusione sociale, per passare da progettualità incerte ad un impegno consolidato del sistema Socio-sanitario, subito dopo lascia spazio ai relatori della giornata.
dott. Alberto Grizzo - ASS 6 – Coordinatore Servizi Sociali
"Si fatica a definire comunità e d'altra parte si fatica a comprendere il concetto di integrazione". Pone interrogativi sul significato di Welfare di Comunità, proponendo la filosofia di fondo del servizio che dovrebbe puntare più sul concetto di “Benessere" come Vita Buona piuttosto che sul “prolungamento della vita”. Nello sfondo di questa filosofia il paradigma attuale è individuo - servizio, ma il nuovo paradigma dovrebbe essere conumità - servizio. Oggi nel Piano Sanitario Regionale 2010 – 2012 è già presente un quadro normativo che avrebbe permesso di interpretare lo sviluppo dei servizi più sull’interdipendenza (che dovrebbe tenere in maggior considerazione la persona) piuttosto che sul personalismo – individualizzazione. Questi concetti sono stati messi da parte e si continua a mettere in primo piano l’aspetto dell’ospedale e della sanità che complessivamente assorbe il 90% delle risorse per curare il 10% della popolazione, ma qual'è l'incidenza di queste cure sulla salute delle persone? Ne emergono una serie di esempi su persone con problemi di salute che vengono curate eccellentemente nelle strutture sanitarie per rischiare poi di tornare a domicilio e perdere l'equilibrio ritrovato a causa di un domicilio inadeguato o pasti indaguati etc. Altro nervo scoperto è il ragionare ancora per aree: per esempio nei Piani di Zona (PDZ) si realizzano delle risposte in modo settoriale: anziani, adulti, handicap, ecc. non c’è una vera trasversalità sulla persona – oggetto degli interventi, che peraltro attraversa diverse delle categorie dei PDZ racchiudendo in sè una maggiore complessità. Chiude con una domanda che è anche provocazione: Qual'é la finalità del servizio che eroghiamo?
dott. Carlo Francescutti –ASS 6 – Coordinamento Servizi Sociali
partendo dal Decreto 229/99 (Decreto Bindi), dal DPCM sui Livelli di Assistenza, la L.R. 41 e la L.R. 6/2006 si esamina la normativa in vigore. Pur avendo, quindi, una normativa nazionale, oggi ci troviamo di fronte a 20 modelli di welfare diversi poiché ogni Regione li ha attuati autonomamente: come si può quindi parlare di visione complessiva del sistema quando abbiamo 20 sistemi diversi? Anche all’interno della nostra stessa Regione abbiamo assistito allo svilupparsi di modelli diversi nei vari ambiti e province. Spesso questa frammentazione si vive anche nel costruire l'offerta dei servizi dove ogni parte del sistema rischia di sentirsi solo responsabile per la parte che governa senza guardare alla complessità dei problemi. La Regione si è dotata di strumenti per rispondere ai bisogni (Fondo Autonomia Possibile, Convenzioni, abbattimento rette Case di Riposo), però siamo in grave ritardo per quanto riguarda i Livelli di Assistenza Sociali (LEA sociali), ed anche sull’Accreditamento delle varie strutture.

Si apre poi al dibattito con i partecipanti dove si toccano anche temi strettamente professionali anticipando un po' l'incontro del 4 marzo. Alla chiusura si rimanda all'incontro di martedì 25 febbraio, e noi ci saremo.

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