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La vita da infermieri: il punto di vista di Sonia

Riflessioni sugli ultimi episodi di cronaca
che hanno caratterizzato la professione infermieristica provinciale nell'ultimo anno.
Infermiera di 44 anni trovata morta nella sua abitazione
"Conegliano, infermiera di Casa Fenzi si suicida in bagno" - Infermiera si uccide in casa di riposo con iniezione letale

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Partiamo con una domanda: - Perché ho fatto l'infermiera/e?
Sicuramente non perché guardavo Candy Candy, c'era una sorta di convinzione che c'è tutt'ora, sempre più forte, ma a volte mi chiedo: "Perché ho scelto di vivere quotidianamente nella malattia e nella sofferenza?"


infermieri in cammino
All'inizio sei concentrata nell'apprendere, ti senti incompetente comprendi che tutto quello che hai imparato a scuola non è nient'altro che un granello di sabbia di una splendida spiaggia dorata. Il vivere quotidiano ti porta a comprendere che non c'è solo la competenza tecnica, ma viene richiesta una grande competenza comunicativa ed empatica che nessuno ci ha insegnato, è quindi un percorso.
Ogni giorno siamo caricati delle paure, delle ansie, delle aspettative, e dei sogni delle persone che assistiamo. I parenti a volte ti rispettano a volte ti aggrediscono in preda alle loro paure...e tu sei lì.
Possiamo assumere diverse risposte di difesa a tale situazione, possono andare dall'indifferenza all'empatia. Sin dai banchi di scuola abbiamo sentito parlare di empatia, ma nella realtà è un obiettivo sempre molto difficile da raggiungere. Essa richiede delle solide basi ma,  una cosa è il parlarne un'altra fornire gli strumenti per generarla.
Noi educhiamo, è facile dire "Lei deve fare questo, o quest'altro!" ma abbiamo idea di cosa richieda veramente il cambiamento? Osserviamoci: 
  • Come dormiamo? Usiamo benzodiazepine?
  • Sabato sera andiamo al concerto? - sono di notte - sigh!
  • A quali ore mangiamo? Quando prepariamo il pasto usiamo la fantasia ed il piacere?
  • Ci regaliamo cinque minuti di stacco? - non posso, ho i bambini, la casa, il corso di formazione -
  • Facciamo attività fisica? - "Faccio già un lavoro dove mi muovo abbastanza - corro su e giù per i corridoi tutti il giorno e la notte" -
  • Ci regaliamo il tempo necessario per l'intimità?
  • Ascoltiamo le persone che assistiamo e i loro care-givers con le loro esigenze, ma noi ci ascoltiamo?
Ritmi di lavoro sempre più frenetici con sempre meno risorse, sempre più richieste e carte da compilare, pazienti sempre più acuti che rimangono per un breve periodo...tutto questo richiede elasticità, grandi capacità di adattamento, ma...non sempre ciò è facile, non sempre siamo nella giornata giusta.
ARIA! ARIA! ARIAAAA!!
Alla fine del turno troppo spesso si esce frustrati, sensazione di non aver fatto tutto, di non essere riusciti a capire veramente...anche quello che voleva dirci Lui al letto 19.
Non si va più in pensione a 19 anni 6 mesi ed 1 giorno, questo ritmo va mantenuto per almeno 40 anni: Pensiamo veramente di farcela con quello che abbiamo ora? 
Mettiamoci vicino la parte dei media che tende a puntare il dito con un secondo fine ben preciso senza mai riconoscere quello che veramente sono costretti ad affrontare quotidianamente gli operatori sanitari e sociali. 
L'idea è che questi ultimi siano solo obbligati a dare, ci si dimentica che sono persone. Anche noi ci facciamo condizionare da ciò, spesso siamo troppo presi dal dare senza pensare al nostro benessere individuale ma sopratutto al rispetto di noi stessi.
BASTA! 
E' arrivato il momento di iniziare a pretendere e da noi e dalla società il rispetto. 
[Come dicono i pescatori greci che si immergono nelle grotte di coralli delle isole dell'Egeo in cerca di aragoste: "Quando ti infili in una galleria oscura arriva il momento in cui non hai più fiato per tornare indietro. la tua unica possibilità è continuare a nuotare verso l'ignoto e pregare che ci sia un'uscita"] (Inferno - Dan Brown).
Vicino a noi, nella nostra piccola provincia tre colleghe sono andate in apnea...
  • Vogliamo andare avanti facendo finta di niente?
  • Leggendo ogni tanto nella cronaca locale il nome di qualche collega che conoscevamo?
Iniziamo a credere nel gruppo, nel confronto, nell'espletare verbalmente o per iscritto le nostre emozioni, impariamo a respirare a giocare con la nostra mente, a meditare se serve, a ridere di noi e di quello che ci circonda.


A noi la scelta si può decidere di usare le bombole, basta conoscerle e volerle...
...non solo prepararle per gli altri.

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