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Assenteismo e mal costume del pubblico impiego

Questioni da sempre spinose per la gestione delle risorse umane nel pubblico impiego sono (almeno) le seguenti:
  1. L'assenteismo per malattie "frequenti";
  2. La ricollocazione del personale per inabilità al lavoro, la cui ricollocazione finisce a destinarli ad altre mansioni che non sono quelle per le quali sono inquadrati;
  3. L'assenteismo per chi si allontana volontariamente dal luogo di lavoro pur risultando in servizio.
1. Sull'assenteismo per malattia frequenti credo sia necessario fare una seria riflessione, è vero che la riforma "Brunetta" (L. 133/08) è drammatica per chi è veramente ammalato e non può uscire di casa (oltre alle altre trattenute economiche poi rivelatisi illegittime).
Tuttavia sarebbe una facile scappatoia dire che il male è chi ha fatto ed approvato una legge che ha dato degli effetti quasi immediati.
Nel mio parere i dati dicono almeno due cose, il calo repentino delle assenze per malattia che ha provocato la legge è almeno in parte veritiero. Non mi dilungo sul dibattito che c'è stato sui numeri, questo significa due cose a mio avviso, da una parte ci sono delle persone che hanno mandato malattia senza esserlo e con questa nuova legge hanno smesso di farlo, oppure ne hanno ridotto la frequenza; per altri è significato andare a lavorare malati, ora questo quando è accaduto per le categorie dei sanitari è particolarmente grave perché, sono stati messi nelle condizioni di mettere a rischio la salute dei pazienti oltre che la loro.

2. La ricollocazione del personale per inabilità (spesso per limitazione alla mobilizzazione dei carichi) è un fatto che colpisce molti operatori a causa dell'usura lavorativa, particolar modo le figure di Infermieri ed Operatori socio sanitari che da sempre sollevano, spostano carichi e pazienti.
Per queste figure la stragrande maggioranza fruisce di limitazioni carichi dovute e quindi legittime, tuttavia per quella piccola fetta di coloro che in realtà abusano di questi diritti mi auguro che vengano trovati e ricondotti alla giusta mansione, nonché subiscano il giusto trattamento riservato a chi fruisce di diritti che non merita.
Ma un altro problema annoso di cui voglio dibattere è che se questi infermieri con limitazioni carichi e varie rimangono in turno finiranno per dover delegare le mansioni in oggetto agli infermieri "abili" che ben presto rischieranno di diventare anch'essi inabili a causa del sovraccarico di lavoro.
Nella migliore delle ipotesi invece questi vengono adibiti ad altre mansioni, spesso di segretariato - amministrativo, ma in pianta organica rimangono spesso inseriti come infermieri, questo crea grandi equivoci, capita infatti che in un reparto dove ci sono 12 infermieri di cui 2 con mansioni amministrative non ci si spiega perché non si riesce a coprire il turno...ma a me appare abbastanza chiaro.

3. Chi timbra al lavoro e scappa a fare le cose più disparate...per questi la condanna è assoluta e senza appello, sono persone che dovrebbero essere licenziate e vietato loro di svolgere più lavori  nel pubblico impiego e se sono iscritti ad un albo di non svolgere più quella professione.
Se poi questi sono anche infermieri (o iscritti comunque all'albo IPASVI) la cosa fa trasalire ancora di più. E' intollerabile che colleghi che appartengono ad una categoria cronicamente in crisi di numeri e di persone in servizio, rechino danno all'utenza (in primis), all'azienda andando anche a danneggiare i colleghi che lavorano direttamente al posto loro o per loro.

Questo tipo di comportamento sul luogo di lavoro danneggia tutti coloro che lavorano nel pubblico impiego che vengono presi nell'immaginario comune come un ammasso di fannulloni, spero sempre in una giustizia (terrena e divina) che sani questi abusi.

So che con questo post potrei ricevere dei pareri diversi (che sono i benvenuti) ed anche qualche insulto...molto probabilmente perderò una marea di persone che mi seguono, tuttavia la linea che continuo a sposare è quella della coerenza con il proprio pensiero e quindi con la coscienza, più che con l'immagine.
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